L’inaspettato secondo album di Dijon, Baby, esplode come un filo elettrico vivo, fondendo R&B cinematografico, la “mania della domesticità” e l’amore devozionale in un paesaggio emotivo mozzafiato tanto non filtrato quanto audace e vitale. Uno dei migliori album del 2025 e un trionfo creativo, consacra Dijon come uno dei visionari più intrepidi che stanno plasmando la musica moderna – un artista che opera in una lega tutta sua.
Ascolta: “Baby!” – Dijon
“Ecco il tuo bambino!” grida – senza fiato, tremante, raggiante – e tutto il mondo sembra aprirsi.
Fin dai suoi primissimi secondi, il secondo album di Dijon, Baby, non arriva come una raccolta di canzoni, ma come un’eruzione: un documento cinematografico intriso di soul sulla nuova vita, nuovo amore, nuova responsabilità e sul terrore estatico che le lega tutte insieme.
Non c’è nulla di prudente in questo disco. Baby dà la sensazione di stare troppo vicino a un incendio domestico – calore sul collo, fumo nei polmoni, il cuore che batte in tempo reale – e rendersi conto che non vuoi fare un passo indietro.
Baby – Dijon © Kristina Loggia
Attivo dal 2017, cantante, cantautore e produttore Dijon Duenas è una figura innovativa straordinaria; lo ha dimostrato con il suo acclamato debutto del 2021 Absolutely (che Atwood Magazine ha definito “bello, straziante e inaspettatamente divertente”), e riafferma quella verità in tutto il suo album-sorpresa, catturando con paesaggi drammatici e cinematografici di meraviglia intrisa di R&B. Attraverso il glitch, attraverso il tumulto, c’è la sua voce mozzafiato – un contenitore di emozione carica, di passione sfrenata, di catarsi totalizzante e calore seducente che brucia. Baby vive negli estremi: tenero e crudo, esplosivo e intimo, non filtrato e senza paura.
Dijon ha realizzato l’album in casa, quasi in isolamento, con la sua nuova famiglia e i collaboratori di lunga data Andrew Sarlo, Henry Kwapis e Michael Gordon (Mk.gee) – un circolo affiatato la cui chimica esplode in ogni misura. Pubblicato il 15 agosto via R&R / Warner Records, Baby è uno studio intriso d’amore e cucinato sotto pressione su quella che Dijon chiama la “mania della domesticità”: l’estasi e la tragedia che accompagnano i cambiamenti che cambiano la vita. In questo caso, il cambiamento è la paternità – uno spostamento gravitazionale che ha rimodellato la sua vita, il suo corpo, la sua arte e, in ultima analisi, il suo suono.
‘Absolutely’ di Dijon è una forza da non sottovalutare:: RECENSIONE ::
La posta in gioco è immediata. “Sono andato a parlare con tua madre, poi è arrivato il dottore… ‘Ecco che arriva il tuo bambino!’” canta nel brano che dà il titolo e apre l’album “Baby!” – raccontando la nascita del suo bambino con una chiarezza che sfiora il sacro. La canzone sembra un filmato di famiglia girato in primo piano tremante: caldo, goffo, riverente. Dijon narra il momento con vulnerabilità disarmata – “Se potessi prendere il tuo dolore, sai che lo farei” – e l’intensità non lo lascia mai andare.
Dijon © Zachary Harrell Jones
Dove Absolutely catturava l’elettricità caotica del cuore spezzato e del desiderio, Baby cattura il peso trasformativo dell’arrivo.
È gioia e panico intrecciati; amore che sembra una ferita aperta; devozione così travolgente che brucia.
Con “Another Baby!” la temperatura schizza. Graffi industriali e percussioni cinetiche evocano il Michael Jackson dell’era Dangerous, ma Dijon trasforma quell’energia in qualcosa di più sudato, libero, spericolato. Il brano è sessuale, delirante, al limite dell’irrazionale, costruito intorno all’idea febbrile di allargare la famiglia: “Facciamo un bambino… Un altro bambino!” ulula. Il desiderio diventa commedia, diventa mania, diventa sincerità, tutto in tre minuti. È assurdo. È sincero. È Dijon.
“HIGHER!” offre una delle esplosioni più estatiche dell’album – in parte celebrazione gospel, in parte giostra innamorata che gira troppo veloce per fermarsi. “Devo dire, devo dire… Guardarti esplodere – che gonfiamento!” esclama, la frase che si innalza su un’ondata di batteria, distorsione e esaltazione collettiva. “Resta solo nella mia vista, amore mio, perché tu lo porti tutto più in alto… È un miracolo, lo sai? Amore mio.” È culto delirante, cantato da qualcuno che non riesce a credere quanto abbia da perdere.
Fallo girare e guarda che si accumula –
È un gallone!
Impilando…
a far finta con loro una volta
Sì, tu porti l’amore
PIÙ IN ALTO
Vedi che è facile…
Due volte…
Lascia che scorri attraverso di te…
Perché mi sta guarendo,
Questo è un amore
PIÙ IN ALTO
Baby non è un album-concept nel senso tradizionale, ma il suo mondo è innegabilmente unificato – un cosmo domestico febbrile dove amore, lussuria, paura, delizia, esaurimento e stupore coesistono nello stesso respiro.
Dijon continua a girare attorno allo stesso centro gravitazionale: lo shock dell’essere necessario, il peso dell’essere visto, il desiderio di dare di più anche quando il corpo è esausto. Queste canzoni sembrano momenti rubati tra poppate e respiri a mezzanotte, promesse sussurrate a metà e confessioni mezzo deliranti, ognuna confonde devozione e desiderio in un modo che solo la nuova genitorialità può. È un ritratto dell’intimità in movimento – caotico, tenero, erotico, banale, miracoloso – tracciato con urla improvvise, rivelazioni silenziose e la fisicità cruda di due persone che cercano di restare vicine mentre tutto intorno a loro cambia.
E dentro quel paesaggio intimo e mutevole, il desiderio assume innumerevoli forme e temperature. Canzoni come “Yamaha”, “Automatic” e “FIRE!” allungano il desiderio su nuove dimensioni – sudato, strano, erotico, domestico, devozionale. Dijon costruisce l’intimità come altri costruiscono universi: attraverso il rumore e il tatto, attraverso urla sovrapposte e sussurri, attraverso respiro, glitch e grana. “Yamaha” porta un mix di fascino luccicante e foga ruvida, mettendo in primo piano un tocco più soul mentre apre il cuore contro pulsazioni più industriali e un ritornello di tastiera che fluisce e ondeggia con chiarezza stupefacente e calore onirico. Quando arriva al ritornello – “Baby sono innamorato di questa particolare emozione… Tu in questo particolare movimento… Non dovresti nasconderla, tesoro, dovresti possederla e mostrarla… Grande amore, quello è il mio cuore, e tu lo possiedi” – la canzone diventa totalizzante, una dichiarazione di devozione a tutto tondo. È una canzone d’amore costruita come un’ondata di calore, che scintilla ai margini.
Quell’ondata di calore diventa fiamma ardente in “FIRE!”, dove oscilla tra fragilità e supponenza (“Anche quando non sono me stesso, lei mi dice che sto bene… Mi ama… ora sono in fiamme”), lasciando che le contraddizioni definiscano la posta emotiva. Più avanti nell’album, “Automatic” colpisce con forza sorprendente – una febbre propulsiva, guidata da passione frenetica e abbandono ritmico grezzo, un pezzo di bramosia da ora di punta che atterra con un’arroganza meritata mentre implora, prende in giro e scivola sempre più in profondità nella trazione gravitazionale del desiderio.
E ovunque, c’è il corpo: che suda, trema, ride, crolla, si rialza. Baby è un album sulla fisicità, sul caos domestico, sul cambiare pannolini alle 4 del mattino e desiderare il tocco di qualcuno alle 4:05. Parla del partner come un organismo vivente e respirante – che evolve, frustra, accende e salva. Il suo mondo è rumoroso e vivo: pneumatici che stridono, respiri che si sovrappongono, voci fantasma che interrompono e passi che atterrano nel mix come ombre attraverso una porta. A volte la musica sembra scivolarti via dalle mani mentre ti stringe più forte. A volte sembra di sentire una lite in un’altra stanza. A volte sembra preghiera.
Ma sotto il tumulto, Baby è in ultima analisi un album d’amore – ferocemente devoto. Negli istanti finali di “Kindalove”, Dijon ritorna al cuore di tutto: “Mi ha ripreso e mi ha dato un dolce tipo d’amore… ginocchia che cedono, quel tipo di amore che non mi fa parlare… Felice di averti al mio fianco, buona giornata + buona notte.” È semplice. È enorme. È l’intero disco distillato al nucleo: un amore che rifà il sé.
Mi ha ripreso
E mi ha dato un dolce tipo d’amore
Quell’amore
Che mi rende completo
Ginocchia che cedono
Il “non riesco a parlare”
Quel tipo di amore
Che oh uomo,
Sento di essere debole
Quel tipo di amore
Quando avevo la mente agitata
Mi ha fatto sentire pace, quel tipo di amore
Che oh mio
Un tipo di amore super d’élite
Oh! Sto saltando–
Il tipo di amore che mi fa uscire dalla sedia
Che correndo–
Che mi fa sentire debole
Quel tipo di amore
Dijon © Yana Yatsuk
Dijon avrebbe potuto inseguire la mitologia di Absolutely – espanderla, replicarla, provare a esserne all’altezza. Invece, si è squarciato e ha ricominciato.
Baby è il suono di un artista che rifiuta di calcificarsi, che rifiuta di ripetersi, che sceglie l’amore rispetto alla leggenda, il rischio rispetto al comfort e la vulnerabilità totale rispetto al prestigio.
È intriso di passione, intriso di devozione, intriso del cuore crudo e senza paura di Dijon. È un sogno febbrile abbagliante, vertiginoso, spettacolarmente audace – quel tipo di disco che non solo segue un debutto generazionale, ma osa ridefinire ciò che verrà dopo. E come la nuova genitorialità stessa, è musica che non sentirai mai due volte allo stesso modo.
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© Kristina Loggia
un album di Dijon
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Il secondo album a sorpresa di Dijon, "Baby", esplode come un filo sotto tensione, fondendo l'R&B cinematografico, la "mania della domesticità" e l'amore devoto in un paesaggio emotivo mozzafiato, tanto non filtrato quanto audace e vibrante. Uno dei migliori album del 2025 e un trionfo creativo, conferma Dijon come uno dei visionari più temerari che plasmano la musica moderna — un artista che opera in una categoria tutta sua.