Quando i Pulp hanno fatto il loro tanto festeggiato ritorno dal vivo nel 2023 (con il loro This Is What We Do For An Encore tour), c'era solo il sussurro merest che potrebbe essere l'inizio di, beh, ‘More’. A quasi 24 anni dalla loro ultima pubblicazione - "We Love Life" del 2001-questo nuovo album arriva con una domanda codificata nei suoi groove: perché ora? La risposta, a quanto pare, è duplice. In primo luogo, perché no? È ciò che sanno meglio; è dove prosperano di più (“I was born to perform / It's a calling / I exist to do this / Shouting and pointing” Jarvis Cocker intona autoironico sul singolo principale "Spike Island"). E, in assenza del defunto Steve Mackey-il bassista originale della band, a cui il disco è dedicato-c'è anche un implicito impulso secondario: se non ora, quando?È del tutto appropriato, quindi, che al centro di "More" ci sia la mortalità - la sua spaventosa inevitabilità, sì, ma anche il suo impareggiabile potere di investire anche il più ordinario degli eventi con un significato profondo e fragile. Disseminati in queste 11 tracce ci sono motivi di spazio e corpi celesti, che gettano in netto rilievo la piccolezza dell'esperienza umana, mentre le meditazioni sull'età e il passare del tempo sono la loro principale preoccupazione lirica. Take 'Grown Ups' - un puntone riff-driven di una pista che osserva ironicamente come nessuno si sente mai veramente come se fossero abbastanza vecchio, abbastanza maturo, davvero pronto per la vita. ("Un ultimo tramonto / Un'ultima fiammata di gloria / E so che è tutta una questione di viaggio / Non la destinazione finale / Ma cosa succede se ti ammali di viaggio / Prima ancora di aver lasciato la stazione”). Allo stesso modo percettivo è ‘Background Noise’, che esplora teneramente la prospettiva profondamente poco sexy e inquietante che anche l'amore può invecchiare in modi che potremmo non aspettarci, svanendo dalla scintilla iniziale alla brace appena incandescente (“I don't remember the first time / Or the last time” Jarvis sospira, rendendo omaggio al taglio di ‘His N Hers’ del 1994).Detto questo, la propensione di Jarvis per il raunch lirico non si è placata in questo lungo intervallo: parte dell'appeal unico dei Pulp è sempre stata la loro propensione per il ventre leggermente squallido della vita, ed ecco il groove di violoncello di Slow Jam e il rigonfiamento strisciante di Tina che consegnano la merce: “Dai, facciamo un bambino a tre / Tu, me e la mia immaginazione”; “Avvitare in un negozio di beneficenza in cima a sacchi neri pieni di donazioni / L'odore di biscotti digestivi nell'aria”. (Per non parlare dell'outlier tematico 'My Sex', in cui Jarvis sembra alludere a un'identità di genere più espansiva).Ma ci sono anche momenti di vera sincerità romantica, con ' Farmer's Market’ e la disco-infusa ‘Got To Have Love’ che sicuramente continua la linea dei Pulp in canzoni d'amore alternative con aforismi inaspettatamente toccanti (quest'ultimo riprende persino da dove ‘F. E. E. L. I. N. G. C. A. L. L. E. D. L. O. V. E.’ del 1995, con un ponte referenziale e orientato all'ortografia). E, come sempre, tale risonanza emotiva viene consegnata quasi insospettitamente, la serietà accattivante e duratura della band mascherata da un gioco di parole intelligente, o corde lussureggianti, o un groove che tocca le dita dei piedi.Coloro che si avvicinano ' Più 'alla ricerca di bangers immediati del tipo 'Different Class' potrebbero essere inizialmente delusi, ma queste sono tracce che, più come l'angoscia schizzinosa di ‘His N Hers’ o il colorante più scuro di ‘This Is Hardcore’, ti entrano sotto la pelle in un modo molto più furtivo. A differenza di alcuni altri abiti dell'era Britpop, i Pulp non stanno prendendo questa possibilità per cenare semplicemente sulla nostalgia; invece, stanno tornando come evoluzioni, non imitazioni, dei loro sé passati - grati per ciò che hanno, mentre ce l'hanno.
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