SL parla come rappa; misurato, senza fretta e con una sicurezza che suggerisce che non si è mai affrettato a rivelare più di quanto intenda. A 23 anni ha passato quasi un decennio occupando uno spazio raro nel rap britannico — osannato da artisti come Stormzy, Drake e JME prima ancora di aver sostenuto gli esami GCSE, il tutto rimanendo quasi del tutto enigmatico. Raramente rilascia interviste; da tempo lascia che sia la sua musica a plasmare la narrativa, rivelando quanto basta per incuriosire. Ora, con la nuova mixtape ‘Block Tales’, appena uscita, SL ci offre il suo lavoro più rivelatore finora, aprendo la porta un po’ di più pur mantenendo il passamontagna saldamente al suo posto.
La compostezza è sorprendente. Interrogato sui mesi trascorsi su questo progetto, SL risponde con la sua caratteristica moderazione. “Emozionato, non vedo l’ora,” dice semplicemente. “Penso che tutti sappiano che è un buon lavoro, quindi, sai, è solo una questione di come verrà recepito.” Non c’è alcun tentativo di esagerare, nessuna insistenza sulla sua importanza. Al contrario, si appoggia a una fiducia radicata nel processo più che nella performance; una quieta convinzione che il lavoro sia buono e che sarà il pubblico a decidere il resto. Questo tipo di compostezza non è nuovo per SL, ma sembra di recente affinata, riflettendo il passaggio da adolescente precoce a artista che controlla pienamente il proprio mestiere.
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‘Block Tales’ in sé è testimonianza di quel controllo. SL descrive il progetto come “cinema di strada”, un approccio che lo inquadra sia come autore che come rapper. Ha pianificato l’arco narrativo meticolosamente; ha abbozzato la trama e i personaggi prima di mettere in sequenza i brani. “Sapevo come iniziava, come finiva, cosa c’era nel mezzo,” spiega. “Poi ho avuto i personaggi, e poi pensavo alle dieci canzoni che sarebbero entrate cronologicamente.” Il risultato è una mixtape che si dispiega con precisione editoriale, ogni traccia un capitolo di una storia complessiva di sopravvivenza, ambizione e conseguenze attraverso le strade del sud di Londra. “Non direi che è basata sulla mia vita,” chiarisce, “ma è sicuramente basata su esperienze che ho vissuto.”
Quell’equilibrio — tra intimità e distanza, confessione e occultamento — ha sempre definito il lavoro di SL. Guardando ai suoi primi singoli, ‘Tropical’ e ‘Gentleman’, SL ammette che a 15 anni non stava assorbendo pienamente la portata di ciò che stava accadendo. “Stavo semplicemente vivendo la mia vita giorno per giorno,” ride, né consumato dagli elogi né schiacciato dalla pressione. Ciò che apprezza di più in quel capitolo formativo è l’umorismo insito nella scrittura, anche quando i temi trattati si fanno più stratificati.
Ma ora la posta in gioco è indiscutibilmente diversa. “Più pressione, più persone,” riconosce. “Ai tempi, visto che eri così giovane, era tipo: fai quel che puoi. Ora è un gioco di dati; tutto sono numeri, tutti vengono giudicati.” La schiettezza di quella affermazione evidenzia la tensione a cui molti artisti vanno incontro oggi: tra creatività e metriche, tra istinto e dinamiche algoritmiche. Eppure SL si rifiuta di farsi piegare da quelle richieste. Il rapper ha sempre preferito la scarsità alla saturazione, lasciando che i singoli abbiano peso invece di inondare il mercato — insistendo sul fatto che la disciplina è parte dell’arte. “Non presto troppa attenzione (all’industria),” dice. “Faccio semplicemente il mio e ciò che mi piace.”
La scrittura, dice, è diventata con l’età più facile, più intrinseca e fluida. “Sei più a tuo agio; impari nuove parole, il tuo vocabolario migliora, stare più spesso in studio ti rende più abituato all’intero processo.” SL ammette anche che le sue canzoni non sembrano mai finite. “C’è sempre altro che puoi aggiungere. A meno che la canzone non sia uscita o sia stata inserita nel sistema, non la vedo sempre come finita. C’è sempre altro su cui puoi migliorare un pezzo.” Questa prospettiva, accettare l’imperfezione senza perdere il senso del momentum, si adatta all’etica più ampia di ‘Block Tales’, un progetto che abbraccia la crudezza senza cancellarne le contraddizioni.
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Anche il paesaggio sonoro riflette il suo approccio meticoloso. SL si è sempre orientato verso beat non convenzionali, dall’atmosfera scintillante e inquietante di ‘Tropical’ al bruciare lento e spettrale di ‘Paranoia’. Si prende il suo tempo nella scelta dei beat, spesso restando seduto per ore finché non emerge quello giusto. “Molte persone ascoltano due o tre beat ma devi aspettare finché non senti quello giusto,” spiega. Il risultato è una tavolozza sonora che mette a disagio tanto quanto attrae, creando la dissonanza che rende più incisiva la sua narrazione.
E poi c’è la maschera. Il passamontagna accompagna SL dall’inizio, e mentre continua a proteggere la sua privacy, è diventato anche qualcosa di più — un simbolo, uno scudo e un dispositivo narrativo a sé stante. “Penso che sia solo la libertà di vivere come vuoi,” dice. Quella libertà gli permette di gestire vita pubblica e privata a modo suo, evitando il tipo di sovraesposizione che spesso divora le giovani stelle. Nei visual di ‘Paranoia’ gioca persino direttamente con questa tensione, togliendosi il passamontagna in un momento che sembra quasi una rivelazione, per poi rimanere inconoscibile. È un promemoria che il mistero può essere potente quanto l’esposizione, e che l’anonimato stesso può far parte del linguaggio di un artista.
Eppure, nonostante tutte le ombre e la segretezza, ‘Block Tales’ non si chiude a riccio. Nella sua sequenza e struttura, la mixtape offre squarci di luce accanto ai suoi archi più oscuri. La decisione di chiudere il progetto con ‘Summertime’, con Knucks e Sainté, è stata intenzionale. “Il progetto finiva male, persone sono morte e c’è stata una sparatoria, ma ‘Summertime’ era tipo: lasciamolo su una nota felice.” È un raro sospiro alla fine di una narrazione soffocante, un promemoria della gioia che anima anche chi è intrappolato nei cicli più duri.
Con ‘Block Tales’ ora nel mondo, SL resta caratteristicamente impassibile. “Voglio che mi prendano per la mia creatività e che capiscano il genio, è tutto qui,” dice. È una dichiarazione audace, pronunciata con la quieta certezza di chi conosce il proprio mestiere e si fida dell’impatto che avrà. La mixtape è il punto più vicino a cui SL ci ha mai avvicinati al suo mondo, ma la storia è ancora in divenire — un tour in ottobre traduce il suo “cinema di strada” in un’esperienza live, mentre il suo cortometraggio “crudo, tattile e vissuto”, ispirato a film come La Haine, Athena, Top Boy e all’energia viscerale di Uncut Gems, sarà disponibile dal 29 settembre.
Eppure, fedele a sé stesso, SL mantiene ancora parti di sé appena fuori portata, anche mentre la sua voce diventa sempre più vitale.
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Testo: Gabriella Ofo
Foto: Sara Viera
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