Nel suo album più intimo fino ad ora, «Would You Still Love Me If You Really Knew Me?», FLETCHER scambia la scintilla con la grinta, offrendo una confessione acustica spoglia che affronta coraggiosamente identità, cuore spezzato, esaurimento e amore radicale per se stessi, dimostrando che le voci più silenziose spesso raccontano le verità più forti.
Ciao a tutti, lasciate per favore» – FLETCHER
Quando le luci si abbassano, inizia la verità.
Dopo le uscite del suo album di debutto, «In Search of the Antidote», e del secondo, «Girl of My Dreams», la cantante e cantautrice acclamata dalla critica FLETCHER presenta il suo terzo album, «Would You Still Love Me If You Really Knew Me?», che è nulla di meno che un'aggiunta autentica e splendida al suo catalogo musicale.
FLETCHER è sempre stata un faro di autenticità in un mondo di personaggi iper-curati e tendenze passeggere come TikTok. Con il suo terzo album completo, «Would You Still Love Me If You Really Knew Me?», lascia alle spalle l'armatura glitterata della fama pop per rivelare qualcosa di molto più duraturo: il suo io senza maschere. L’album non si limita a svelare strati, ma riscopre emozioni sepolte, le incendia e si danza al loro bagliore.
Non è solo una raccolta di canzoni. È uno studio dell'anima, un diario in alta fedeltà, un delicato disvelarsi di qualcuno che torna a sé stesso. È sia il suo lavoro più silenzioso che più forte, perché la vulnerabilità risuona più forte di qualsiasi beat.
Would You Still Love Me If You Really Knew Me? – FLETCHER
«È un album pieno di domande, per me stessa, per famiglia e amici, fan, industria, mondo», ha condiviso FLETCHER in una dichiarazione in occasione dell'uscita dell'album. «Rappresenta quella sottile linea con cui ho sempre lottato: il desiderio disperato di essere vista e amata da tutti, ma anche il mio desiderio più profondo di conoscere me stessa lontano dai riflettori e dal palco. Non sono più quella di una volta, e ancora non sono quella che sto diventando. Sono da qualche parte nel mezzo. È qui che vive questa canzone. Dove davvero si trova tutto l'album. Nello spazio liminale, sfocato, del lasciar andare e fare spazio a nuovi sogni per cui ancora non ho le parole.»
«Tutto questo album parla di quella sensazione. E questa canzone è il seme da cui è cresciuta. È il permesso di lasciar andare, di evolversi. Anche quando le poste in gioco sembrano insuperabili e si ha tutto da perdere. Ma quando ti trovi al bivio tra perdere te stesso o perdere tutto il resto? Sceglierò sempre la seconda. Sono infinitamente grata per questo viaggio. Per tutto l'amore e la resistenza che ho ricevuto nel corso degli anni. Non cambierei nemmeno un momento di tutto ciò. Spero che questo disco ti faccia compagnia come ha fatto con me, e ti trovi dove sei. Che ti ricordi della tua stessa coraggio e che va bene proteggere la propria pace. E continuare a scoprire te stesso dall'altra parte di tutto il rumore.»
FLETCHER © Carissa Gallo
Il brano di apertura, «Party», funge da prologo a questo viaggio introspettivo, e con i suoi impegnativi accordi di pianoforte e le liriche confesionali, è chiaro che questa festa è finita prima ancora di iniziare. «Mi dispiace di non poter essere sempre il momento della tua vita», canta, non con amarezza, ma con rassegnazione dolce. C'è una bellezza solenne nella sua sincerità, mentre lascia andare la pressione di dover performare emotivamente per gli altri. Questa canzone è il suo manifesto: questa era non sarà incentrata sulla ricerca di momenti elevati, ma sull'abbracciare i bassi, imparare dal silenzio e lasciare respirare la musica.
«Ciao, tutti lasciate, per favore» rappresenta il centro tempestoso dell'album, furiosa nel sentimento, ma contenuta nel suono. Con versi come «Ho venduto Radio City / Ma non sono in radio», FLETCHER smaschera i paradossi di fama, successo e isolamento. La produzione rimane contenuta per far colpire forte le parole. Questo brano è meno una canzone e più un soliloquio, un appello alla solitudine in mezzo al caos pubblico. È crudo, reale, e potrebbe essere uno dei suoi contributi più profondi finora.
«Don’t Tempt Me...» continua il filone confessionale con una vulnerabilità dolorosa. Lo sfondo acustico si percepisce quasi scheletrico, come se la musica stessa trattenga il respiro. Fletcher si interroga sul suo posto in un settore che un tempo sembrava un sogno, ma ora somiglia a un equilibrio precario sul burnout. È il tipo di canzone che non urla, ma sussurra verità che sono state troppo spaventose da ammettere. Non è un grido d'aiuto; è un silenzioso richiamo alla guarigione.
«The Arsonist» pulsa di intensità contenuta. Qui, FLETCHER si trasforma nella sua fenice, bruciando i ponti per illuminare il suo cammino. Con una costruzione dolce e armonie stratificate, il brano riflette la combustione interna di una donna che decide di non aver più paura di bruciare le aspettative. C'è potenza nel lasciarsi andare, nel scegliere di far implodere tutto per ricostruire dalle ceneri e dall'onestà.
Nel brano «Boy», FLETCHER ribalta le sue narrative precedenti sull'amore e la non conformità di genere. Si permette, e permette anche a noi, di essere sorpresi, di crescere, di amare oltre le etichette. Con accordi di chitarra morbidi e vocals leggere come piume, è una canzone che non pretende comprensione ma invita alla curiosità. È amore nella sua forma più pura: inspiegato, senza editing, e profondamente sentito. Come ho scritto nella mia recensione su Atwood Magazine, questa canzone è un tenero singolo che spalanca le porte dell'identità, della vulnerabilità e della verità.
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FLETCHER scambia brillantezza con coraggio nel suo album più sincero, "Would You Still Love Me If You Really Knew Me?", offrendo una confessione acustica ridotta all'essenziale che affronta con coraggio l'identità, il cuore spezzato, l'esaurimento e l'amore radicale per se stessi, dimostrando che le voci più silenziose spesso pronunciano le verità più forti.