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I Queens of the Stone Age attingono al primordiale alla Royal Albert Hall di Londra

I Queens of the Stone Age attingono al primordiale alla Royal Albert Hall di Londra

      Pensa a un concerto dal vivo dei Queens Of The Stone Age e probabilmente immagini volume, riff e rock a tutto gas. Quello che probabilmente non ti aspettavi sono candele, arrangiamenti d'archi e un’apparizione da far girare la testa dell’ospite Matt Berry. Ma già dall’inizio i fan erano stati avvertiti che il set di stasera al storico Royal Albert Hall di Londra non sarebbe stato come i soliti show – con la collocazione temporale di Halloween, ha assunto infatti una patina di paranormale.

      Concludendo in grande stile il loro tour Catacombs, i Queens Of The Stone Age hanno attinto a energie ultraterrene, mantenendo la loro intensità distintiva ma esprimendola in modo diverso. Utilizzando archi, ottoni, varie percussioni e tastiere, richiamavano certi aspetti dei Violent Femmes o di Nick Cave and the Bad Seeds, ma con un fascino illegale e anarchico tutto loro.

      Aiuta, naturalmente, che Josh Homme rimanga uno dei frontman più eminenti del rock, qualcuno estremamente guardabile in qualsiasi circostanza. Aggirandosi sul palco con una lampada – o, in un momento, con una mannaia da macellaio – incarna sia un teatro ipnotico sia un pericolo reale. Figura magnetica, le sue frequenti incursioni tra il pubblico scatenano caos tra le donne in platea e sguardi disgustati da parte di fidanzati gelosi. Ci sono anche alcune battute volgari – non è rimasto nulla all’immaginazione.

      La musica, però, è dove i Queens Of The Stone Age eccellono. Rinunciando al volume e abbracciando l’acustico – non è esattamente uno show “unplugged”, ma non ne è molto lontano – ci viene offerta una splendida esibizione in tre atti che passa dai brani più amati alle rarezze, e persino a qualcosa di completamente nuovo.

      ‘Running Joke / Paper Machete’ è un eccellente apertura, con la band che si scioglie visibilmente sul palco. Il cavallo di battaglia dei Them Crooked Vultures, ‘Spinning In Daffodils’, ha avuto un’esecuzione fin troppo rara durante il secondo atto, mentre il finale include una rovente, quasi orchestrale, ‘The Vampyre Of Time And Memory’ e un ‘Auto Pilot’ cantato da Michael Shuman.

      Il brano nuovo ‘Easy Street’ ha un divertente sapore salsa, con il pubblico invitato a battere le mani – c’è anche un assolo a due chitarre che è in parte sleaze alla LA e in parte esplosione frippotronica.

      Josh Homme è chiaramente nel suo elemento, rimproverando e intrattenendo la folla. Qui non c’è barriera, e a un certo punto riflette sulla sua precedente fisicità durante i concerti, sfiorando le scuse. È tutta crescita personale, ma è bilanciata da un senso dell’umorismo malizioso. Spingendo via la sicurezza, scherza: “Non ho bisogno di protezione… ho bisogno di affetto!”

      Chiudendo con ‘Long Slow Goodbye’, i Queens Of The Stone Age sfruttano a dovere l’organo storico della sala, con alcuni accordi vulcanici che erompono dal massiccio strumento. Josh Homme e Michael Shuman prendono la voce a cappella, prima che l’organista riveli la sua identità con un colpo di scena – è Matt Berry! Un vero e proprio finale epocale, che riassume il dettaglio impeccabile e l’abbondante intrattenimento che i Queens Of The Stone Age hanno offerto in quest’epoca delle catacombe – speriamo che non venga sepolto per l’eternità.

      SCALLETTA:

      Atto I

      Running Joke / Paper Machete

      Kalopsia

      Villains of Circumstance

      Suture Up Your Future

      I Never Came

      Atto II

      Someone’s in the Wolf / A Song for the Deaf / Straight Jacket Fitting

      Mosquito Song

      Keep Your Eyes Peeled

      Spinning in Daffodils (cover dei Them Crooked Vultures)

      Atto III

      “You Got a Killer Scene There, Man…”

      Hideaway

      The Vampyre of Time and Memory

      Auto Pilot (Michael Shuman alla voce)

      Easy Street (brano nuovo)

      Fortress…Like Clockwork

      Bis:

      Long Slow Goodbye (Joshua Homme e Michael Shuman a cappella, con Matt Berry all’organo del Royal Albert Hall)

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